Il tesoro nascosto del velabro

C’è veramente un tesoro nascosto al Velabro? Così si diceva nel Medioevo ma a prescindere è una zona che va visitata.
Se ami la Roma nascosta e spettacolare non puoi non venire al Velabro. La leggenda narra che qui si fermò la cesta che ospitava i gemelli Romolo e Remo. E proprio qui fu trovata dalla lupa che li allattò.
Questa zona una volta era occupata da una palude grande come un lago, il lacus curtius. Un’area spesso alluvionata per le piene del Tevere, ecco perché il nome Velabro che deriva da velus, alluvione. La bonifica ha portato alla costruzione della più grande opera di ingegneria dell’antichità: la cloaca massima, ovvero la rete fognaria che serviva l’urbe.
Da vedere c’è tanto, anzi tantissimo. A partire dall’arco di Giano che una volta dava riparo ai mercanti del vicino foro Boario e ai banchieri del tempo, gli argentari. Furono loro a finanziare la costruzione di un altro piccolo arco che oggi porta il loro nome. Era dedicato all’imperatore Settimio Severo, sua moglie Giulia Domna e ai figli Caracalla e Geta. Non troverete più l’immagine di famiglia una volta presente. Caracalla per salire al trono fece uccidere il fratello e lo condannò alla damnatio memoriae con conseguente rimozione della sua effige dall’arco.


Torniamo al tesoro. Se vi sentite dei moderni Indiana Jones dovete venire qui a cercare. Secondo una leggenda medievale su un volume antico si poteva leggere: nell’arco degli argentari, tra la vacca e il toro, troverai un gran tesoro. Un pellegrino goto armato di martello e scalpello si mise alla ricerca. Lui non trovò nulla ma tu potresti essere più fortunato.

Il tesoro in realtà c’è ma è artistico, si tratta della chiesa di San Giorgio al Velabro. Se vi capita di entrare soffermatevi sull’affresco che campeggia nel catino absidale, a lungo attribuito erroneamente a Giotto. In realtà è opera di Pietro Cavallini o comunque della sua scuola.